Il castello di Mussomeli fu costruito tra il 1364 e il 1367.
Appare piuttosto certo che ad iniziare l’opera sia stato Manfredi III Chiaramonte , discendente di Carlo Magno ,venuto in Sicilia coi Normanni dopo aver ottenuto la Signoria di Castronovo e Mussomeli. Manfredi fece costruire il castello forse in parte sulle rovine di un castello arabo , forse distruggendone e cancellandone ogni forma di vita anteriore. Nel Novembre del 1374 il castello era già costruito in ogni sua parte e arredato. In quello stesso anno ebbe l’onore di ospitare re Federico III (Re di Sicilia) , la regina e il suo seguito . Ma trascorrono pochi anni, appena 17, e la fortezza è di nuovo al centro di avvenimenti eccezionali. La stella dei Chiaramonte ha iniziato il suo declino. Manfredi è ormai vecchio e malato, è il 10 luglio del 1391 e il cugino Andrea Chiaramonte si appresta a riunire nelle sue mani gli stati della famiglia. In Sicilia gli Aragonesi consolidano il loro predominio e il matrimonio di Maria (figlia di Federico il semplice) con Martino d’Aragona ha per conseguenza il ritorno dell’isola alle dipendenze dirette del regno spagnolo. Ma prima che tutto si compia i Chiaramonte tentano l’impossibile. Manfredi organizza una riunione di baroni siciliani per resistere agli Aragonesi e Andrea ne è protagonista. La storica assemblea avviene, secondo alcuni, in una chiesa di campagna nel territorio di Castronovo. Secondo altri nel castello di Mussomeli.
Parecchi baroni, quasi tutti siciliani, che si dichiaravano antiaragonesi, giurano fedeltà. Ma dopo quel solenne patto, ingannandosi a vicenda, uno alla volta passano dalla parte dei Martini che solo otto mesi dopo ,è il marzo del 1932 ,sbarcano a Marsala devotamente accolti dagli stessi baroni. A rendere omaggio agli Aragonesi non c’è Andrea Chiaramonte. Si è rifugiato a Palermo da dove, per aprire un negoziato, invia messaggeri a Martino il vecchio . Il Duca non asseconda la trattativa. Anzi, nelle lettere con le quali lo richiama all’ordine, non gli si rivolge mai con il titolo di conte. Il Duca di Momblanco continua ad avanzare verso Palermo e prepara il suo colpo basso: assegna a Guglielmo Raimondo Moncada tutto ciò che è di Andrea, dalle contee di Malta e dell’isola di Gozzo alle terre di Naro, Delia, Sutera, Mussomeli, Favara, Misilmeri. Una vera e propria confisca alla quale Andrea reagisce chiudendosi in difesa a Palermo. Ed è qui che il Duca pone l’assedio. Mentre il suo esercito si ingrossa, accorrono tutti i baroni, e si può dire che tutta la Sicilia era ormai a favore degli Aragonesi e ai danni d’uno solo. Andrea Chiaramonte si arrende, viene perdonato e il 17 maggio compare di fronte alla regina Maria per rendere omaggio. Ma è un falso perdono. Perchè ventiquattr’ore dopo è arrestato con un pretesto, condannato e giustiziato il 1° giugno 1392 in piazza Marina a Palermo, proprio di fronte a Palazzo Steri, simbolo del prestigio Chiaramontano. Crolla quindi la leggendaria famiglia ed è l’inizio di una stagione in tono minore per il castello di Mussomeli che va in mano ai Moncada. Sembra però che Guglielmo Raimondo Moncada non abbia nemmeno il tempo di prendere possesso del castello per una serie di rivolte indipendentiste che vanno avanti fino all’inizio del 1400 e la fortezza passa di mano in mano:a Giaimo de Prades,e poi al valenciano Giovanni Castellar, a Giovanni Perapertusa, a Federico Ventimiglia e infine,dopo altri atti di compravendita, a Pietro del Campo e ai suoi discendenti. Durante la signoria dei Del Campo Mussomeli fu abbellita e dotata di chiese tanto da essere una delle più importanti università della Sicilia. L’ultimo dei del Campo è Andreotta , il quale si ritrova con un castello gravato da interessi e lo affitta nel 1546 a due banchieri genovesi i quali si impegnano a versare la somma pattuita ai creditori e una piccola percentuale ai del Campo.
Il maggiore creditore, Don Cesare Lanza, finanziò Andreotta fino al 1548,anno in cui fece mettere all’asta la baronia. Andreotta ricorre al vicerè denunciando di essere stato vittima di usura Alla fine una transazione conclude la vertenza: don Cesare Lanza avrà il castello,ad Andreotta restano quattro dei 28 feudi che costituiscono lo stato di Mussomeli.
La causa che ne segue fra i Campo e i Lanza è secolare mentre Don Cesare prosegue nella sua avanzata e promuove a contea Mussomeli che diventa il principale stato dei Lanza fino all’abolizione della feudalità. Dopo che Ottavio Lanza, figlio di Don Cesare, sul finire del 500 e gli inizi del 600 decide di abbandonare il castello . la fortezza diventa carcere,poi la abbandonano anche i detenuti. Da allora il tempo si ferma sul castello:feudale e congelato per tre secoli senza l’offesa di una trasformazione manieristica barocca; in balia dell’opera devastatrice del tempo , degli animali , dei pastori e di altra gente. Guarda dall’alto il paese che cambia,la carrozze,i treni,la luce elettrica,resta fra le poche realtà del medioevo siciliano non cancellate dai passaggi successivi. Qualche muro crolla col tempo,pietre e marmi vengono rubati,crolla il solaio della sala dei baroni:così lo vede un turista d’eccezione che arriva nei primi del 900,il kaiser Guglielmo II Hohenzollern,e così lo trova poco dopo , nel 1909 , l’architetto Ernesto Armò,docente dell’Università di Palermo ,cui il principe di Trabia affida il restauro che porta alla versione attuale.
Altri restauri sono stati realizzati negli anni settanta e negli anni scorsi.
DESCRIZIONE
Il castello,situato a due chilometri da Mussomeli ,è costruito su una rocca calcarea ad un’altezza di circa 80 metri. Quasi alla base della roccia si trova una cinta muraria posta a difesa della stradella di accesso. Sulla vetta si trova una seconda cinta muraria che racchiude la parte residenziale del castello.
Lungo la stradina di accesso si notano resti di mura di recinzione , che dovevano appartenere ad una “pre-scuderia” adibita al cambio dei cavalli dei vari corrieri che portavano messaggi e che dovevano riprendere il viaggio. Dopo essere saliti attraverso la strada di accesso si nota un vuoto coperto da un tavolato.Questo vuoto ,che aveva le stesse funzioni di un fossato,interrompeva la continuità della stradella . Infatti in caso di assedio il tavolato veniva distrutto togliendo così ai nemici ,e soprattutto ai loro mezzi bellici (ariete) ,la possibilità di raggiungere la prima porta d’ingresso.Salendo ancora si accede attraverso una porta ad arco a sesto acuto all’ interno della prima cinta muraria. Ai due lati della porta d’ingresso si possono ammirare due stemmi intagliati sopra dadi della stessa pietra.Il dado di destra porta scolpito un giglio senza altri accessori.Lo stesso disegno pare che porti il dado di sinistra ,ma non si rileva chiaramente.
Che cosa rappresenti quel giglio non è facile spiegare. Non è assurdo congetturare che in origine quei due dadi portassero le armi dei Chiaramonte,consistenti in un monte dalle cinque cime rotonde. Caduti i Chiaramonte, al monte dalle cinque cime si sostituì un giglio che probabilmente rappresentavano il dominio di D. Giamo de Prades.
Dal lato destro della porta si notano alte e robusta mure che seguono la conformazione della roccia e che avevano l’importantissima funzione di rendere difficile l’accesso al castello da questa parte che è l’unico punto debole della fortezza.