La fede si esprime sia in modo intimistico e personale, ma è anche sentita come espressione della collettività, che in questa liturgia popolare è occasione di riconoscimento della identità di un gruppo e della comunità che si lascia coinvolgere. Una ritmica che accompagna i fedeli tra processioni, preghiere, sante messe e prediche all’aperto, caratterizzando di tocchi folkloristici la celebrazione.
In passato come nel presente l’atmosfera pasquale a Mussomeli è caratterizzata dall’alternarsi di suoni e silenzi tipici dei vari riti, che rievocano la Passione, Morte e Resurrezione, del Redentore.
Un aspetto su cui influisce il ruolo delle Confraternite, con i loro “stinnardi”, “abitina”, “trummi”, e “tammura”, nonché dei Lamentatori, e il suono per le vie del paese di lancinanti squilli di tromba e sordi colpi di tamburo che avvolgono l’intero popolo di credenti in un’atmosfera di tristezza.
Fra ciò che rimane vivo e ciò che rimane invece in qualche pagina scritta da storici locali, la Settimana Santa mussomelese non smette di svolgere la sua funzione socio-religiosa, richiamando al contempo fedeli e appassionati di tradizioni da ogni parte della Sicilia.
Dal sito https://pasqualions.wordpress.com/le-tradizioni-nelle-citta-siciliane/mussomeli-cl/
si riporta:
MUSSOMELI (Cl) * La Settimana Santa
Durante la settimana santa, trionfa a Mussomeli la tradizione e l’antica pietà popolare per il grande mistero del Figlio di Dio fattosi uomo e morto in Croce per redimere i peccati dell’umanità. Una settimana che coniuga folklore, tradizione e profonda fede cristiana.
Mussomeli, più di ogni altro, è il paese delle processioni all’antica, con tutto il popolo direttamente coinvolto, rinnovando e trasmettendo ataviche gestualità, che le nuove generazioni non sembrano disdegnare. Qui la gente continua a vivere, come un tempo, per le sue Madonne e per i suoi Santi, partecipando ancora, non senza emozione e passione, ai tradizionali riti soprattutto durante la settimana santa, tradizione portata avanti dalle Confraternite. Ben cinque delle antiche Confraternite, che un tempo svolgevano anche un ruolo sociale, sopravvivono e addirittura fioriscono nonostante i tempi.
LA STORIA DELLA SETTIMANA SANTA A MOSSOMELI
L’atmosfera mesta della Settimana Santa cominciava il mercoledì pomeriggio, quando nelle chiese si coprivano con drappi violacei tutte le statue. Le donne che avevano coltivato al buio delle piantine di grano, le portavano in chiesa per adornare l’altare per accogliere Gesù nel Sepolcro. Il Giovedì mattina si completava l’addobbo, i sagrestani legavano le corde che muovevano i batacchi delle campane, e i ragazzi “cu li trocculi” (battole) annunciavano l’inizio della celebrazione delle funzioni religiose. I più devoti intanto, per partecipare più sentitamente alla Pasqua, cominciavano “u trapassu”,cioè non mangiavano dal giovedì mattina a mezzogiorno del Sabato. Il pomeriggio del Giovedì le donne, con i capi coperti di scialli e sciarpe nere, andavano a sedere nelle chiese, a fare la guardia al Santo Sepolcro e a pregare. Anticamente, la sera del giovedì Santo, le varie compagnie visitavano i sepolcri in tutte le chiese portando in processione un’urna con dentro la croce senza il Cristo.
Solo la Madrice ”cunnuciva”,cioè portava in processione il busto dell’Ecce Homo. Il venerdì Santo era riservato alla Confraternita del Sacramento con la processione della “Crocifissione” che normalmente si svolgeva alle 13 e quella della ”Deposizione”,alle18. Il programma cambiò quando, nel 1875, il Biancardi eseguì la statua dell’Addolorata che fu donata alla confraternita della chiesa di San Giovanni. Si introdusse così la processione che gira i sepolcri. Intanto altre confraternite ebbero l’idea di commissionare altre statue che nell’insieme creassero la scena del Calvario. E’ cosi, nei primi del ‘900 ,altre all’Addolorata, si ebbero la Veronica, San Giovanni Evangelista e la Maddalena. Si introdusse così la rappresentazione statuaria del Calvario con processione unitaria della sera.
In quel giorno le donne non si guardavano allo specchio, nè si pettinavano.”Maliditta chidda trizza ca lu venniri si ‘ntrizza” dicevano, e nessuno osava trasgredire il motto.”Biniditta chidda pasta, ca lu venniri si ‘mpasta” affermava un altro motto, e tutte le donne il venerdì santo impastavano con le proprie mani il pane e la pasta con farina integrale per attirare in casa la benedizione di Dio. Il sabato a mezzogiorno, mentre nelle chiese si celebrava la resurrezione di Gesù e le campane sciolte riprendevano a suonare, i ragazzi, a frotte, colpivano le porte con pietre gridando: ”Nesci diavulu e trasi Gesù”. La domenica mattina i ragazzi ,”c’ù pupu cu l’ovu mmanu”(simbolo della primavera e augurio di fecondità) vestiti a festa con calzoni che finivano a imbuto si recavano ad assistere alla messa e a giocare sul sagrato. A mezzogiorno le famiglie si riunivano e pranzavano consumando in armonia pietanze particolari ”cassateddi” e “cassati”.
IL GIOVEDI SANTO
A partire dalla sera del Giovedì Santo tutto il paese entra in una sorta di pathos collettivo a cui le Confraternite danno forma e voce con le suggestive processioni, in pellegrinaggio di chiesa in chiesa. La sera del Giovedì Santo esce dalla Madrice l’Arciconfraternita del SS Sacramento e conduce in processione di chiesa in chiesa il Cristo alla colonna. Così pure escono e compiono il loro devoto ”pellegrinaggio” le confraternite della Madonna dei Miracoli con Gesù nell’orto degli ulivi, della Madonna del Carmine con San Giovanni Evangelista, e della Madonna delle Vanelle con l’Incontro di Gesù con la Veronica. Qui ancora si allestiscono i sontuosi ”Sepolcri” in cui fanno bella mostra di sè i tradizionali lavureddi, cioè i piatti di frumento messo a dimora all’inizio della Quaresima e fatto germogliare al buio per conservare un caratteristico colore giallo-oro; ai piedi dell’altare ,mentre si celebrano i riti cristiani della vita che si purifica e si rinnova, essi hanno un evidente significato lustrale, con l’implicita impetrazione della divina protezione sui campi nella fase più delicata del ciclo agrario.
Frattanto le strade del paese risuonano, in quei giorni, di lancinanti squilli di trombe, che simboleggiano l’urlo addolorato di Maria, seguiti da tre colpi di tamburi ,che simboleggiano i tre chiodi di Cristo sulla Croce, mentre le struggenti note dei cantori popolari ripropongono le classiche ”lamentazioni mussomelesi” da tutti definite di rara bellezza.
I testi dei lamenti sono rigorosamente in latino tra i quali: Popule meus, quid fecit tibi? Responde mihi. Diviserunt sibi vestimenta mea, sumpto aceto,inlinato capite emisit spiritum (Popolo mio cosa ti ho fatto? Rispondimi. Si sono divisi le mie vesti. Assaggiato l’aceto, inclinò il capo e spirò).
VENERDÌ SANTO
La giornata, permeata da un’atmosfera di tristezza, si apre con la processione della Madonna Addolorata, bellissima e commovente statua realizzata nel 1875 dal famoso scultore napoletano Francesco Biancardi.
Il lungo corteo, a cui prendono parte la confraternita di San Giovanni ed innumerevoli fedeli, dalla chiesa di San Giovanni Battista, mentre la banda musicale esegue marce funebri che sottolineano il diffuso stato d’animo del momento, raggiunge tutte le altre chiese, simboleggiando la pietosa ricerca di Gesù imprigionato dai romani. Infine lo trova alla Madrice, pronto per essere condotto al Calvario. Nel primo pomeriggio è l’Arciconfraternita SS. Sacramento della Madrice ad entrare in scena. Indossando le sue preziose tuniche, accompagna Gesù in quella che viene chiamata la processione della Crocifissione. Il corpo di Gesù, adagiato sulla lettiga, dalla chiesa Madre viene portato sino al calvario dove verrà crocifisso. Attimi di intensa commozione e di grande partecipazione popolare ad un evento che anno dopo anno, da secoli, ripropone il più grande mistero dell’uomo: la discesa in terra di Gesù e la sua barbara morte quale amaro calice versato per la salvezza dell’uomo. In quei momenti la partecipazione amotiva raggiunge il suo culmine ed un gran silenzio abbraccia la folla. Soltanto gli squilli di tromba e i rimbombi dei tamburi si rincorrono nell’aria come chiodi che penetrano nelle carni ed ognuno in cuor suo rivolge a Dio le proprie preghiere.
Nel tardo pomeriggio del Venerdì, le statue di San Giovanni, della Maddalena, della Veronica e dell’Addolorata vengono portare in piazza Umberto, ai piedi del Calvario.
Di sera, dopo la commovente predica al calvario, il Cristo viene deposto nella grandiosa Urna. Davanti ad essa sfilano le altre statue, ognuna delle quali è preceduta dallo stendardo e dalla confraternita della chiesa cui la statua appartiene. L’odine della processione è il seguente: la confraternita della Madonna delle Vanelle con la statua della Veronica, la confraternita della Madonna del Carmine con San Giovanni, la confraternita della Madonna dei Miracoli con la Maddalena, l’Arciconfraternita SS. Sacramento della Madrice con l’Urna; chiude la processione la Madonna Addolorata.
LA DOMENICA DI PASQUA
La domenica pomeriggio in Piazza Umberto si fa la tradizionale “Giunta” con la liberatoria “annacata di li Santi” celebrando quindi la vittoria della vita sulla morte. La statua di Gesù risorto, della Madonna di Pasqua e di San Michele, s’incontrano tra l’allegria generale. Le persone felici, assistono alla scena e poi, assieme ai confrati delle confraternite del SS Sacramento, di San Giovanni e di Sant’Enrico, sfilano in processione per le vie del paese fino alla chiesa Madre..
LE CONFRATERNITE
Un ruolo molto importante nello svolgimento dei misteri pasquali ebbero e hanno ancora oggi le confraternite che nacquero a Mussomeli dal XVI secolo in poi.I confrati esercitavano pratiche religiose, si riunivano per pregare, celebravano i funerali dei soci defunti e ne curavano il seppellimento. Nei giorni stabiliti nominavano il superiore, il cassiere, un maestro di novizi e un cappellano. Si riunivano negli oratori o nelle chiese. Le confraternite esistenti oggi sono cinque. Quella del SS Sacramento, il cui stendardo di colore rosso ha lo stemma rotondo con in mezzo l’ostensorio. Il costume dei confrati è formato dal camice bianco e dal mantello rosso.
La confraternita di San Giovanni ha lo stendardo di color bianco e lo stemma rettangolare raffigurante da un lato l’ostensorio, dall’altro la Croce di Malta perché San Giovanni Battista è il protettore dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. I confrati vestono camice bianco e mantello e cappa bianchi. La confraternita del Santuario della Madonna dei Miracoli ha lo stendardo color blu, lo stemma raffigurante la Madonna. I confrati vestono camice bianco e mantello e cappa blu.
La confraternita di Sant’Enrico ha lo stendardo colore azzurro e lo stemma raffigura da una parte la corona di Sant’Enrico, dall’altra la Madonna delle Vanelle. I confrati vestono camice bianco e mantello e cappa di colore azzurro.
La confraternita del Carmelo ha lo stendardo giallo e marrone. Lo stemma rappresenta la corona della Madonna. I confrati vestono camice bianco e mantello e cappa color giallo.
Il presidente di ogni confraternita, sfilando in processione, oltre al mantello, porta la cappa, un cappello a larga falda, pendente sulla schiena. Tutte le cappe, le ghette e i cappelli sono di pregiato velluto di cotone e ricamati con fili d’oro. Essi sono custoditi nelle chiese di appartenenza delle confraternite.